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PRESENTAZIONI?
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PRESENTAZIONI? ┬┴┬┴┤(・_├┬┴┬┴
Qui è dove andrebbe la nostra presentazione se avessimo effetivamente la presunzione di avere delle opinioni. Ma la presunzione di non avere presunzioni è una presunzione ulteriore, dunque eccoci ad un empasse. Azz, neanche alla seconda riga ed eccoci già al primo empasse. Scusateci, non è colpa nostra, è ansia da prestazione, no, deformazione professionale. Non impietositevene, non è colpa vostra: anche se stavolta il panopticon siete voi. Come quando, davanti alle algide e scrutatrici pupille di un psicologo, cerchiamo di impressionarlo non lasciandoci catalogare, scegliendo con cura l’ice breaker, la postura che inevitabilmente darà vita al percorso psichiatrico, alla nostra individualizzazione… ed ecco che immediatamente lasciamo trapelare, nella nostra voglia di non essere individuati, proprio la nostra identità. Una storia vecchia come il cucco: per questo tenteremo di dissolvere il problema. Del resto tu, lettore, vuoi mica davvero che ci facciamo alternativa, contro-qualcosaggine, anti-vattelappesca, fino in fondo, senza compromessi? No, immaginavamo: come tutti, come noi stessi, tu cerchi solo uno sfogo al tuo desiderio di qualcosa di fresco, di “vero”, una risposta a quei problemi politico-economico-spettacolepistemologici che ti rosicchiano le reni, quel prurito per uno sballo anticapitalista che non ti fa dormire la notte. Allora perchè essere disonesti al riguardo? Scopriamo le carte. Tu stai andando in cerca di una nuova risorsa da estrarre; noi abbiamo proprio quello che fa per te, bravi pasticceri che si sono scavati la loro nicchia di mercato fingendosi dentisti.
Forse però sbagliamo ad attribuirti una tale putredine interiore; forse questo è proprio il caso del chiodo per il quale tutto il mondo è un martello, per dirla con un adagio. Forse tu davvero sei mosso da una specie di commozione, pungolo nelle carni che il mondo, il terribile grande altro, con tutto il suo shitposting e la sua pertinace mancanza di serietà, infligge nelle tue carni ipersensibili, nostalgiche per un mondo che non c’è più. Se tu appartenessi a questa specie di uomo, noi non ti aborremmo, sappilo. Siamo tuoi fratelli in questo, ma siamo anche tuoi nemici, e siamo tuoi fratelli perchè siamo nemici a noi stessi, a quel che ci accomuna, e così ti domandiamo: non sai che è bello ridere la verità, sputacchiandola fuori in santa teofania? Non sei avvertito del grande pericolo che le tue lacrime irretite o la tua rabbia insistente rappresentano per la tua stessa integrità? Che i meme sono il DNA dell’anima? Certo che lo sai, non ti facevamo mica così naive. E sai anche benissimo che il contrario, questa ludubriosa isteria del divertimento, finisce più spesso col ridere della verità piuttosto che con essa, sino a vomitarsi i polmoni e boccheggiare efflati di violenza ferina. Si, lettore: tu conosci bene le contraddizioni rognose di questo mondo, hai ben presente la consapevolezza tutta nostra che “dove mi giro mi giro, come la faccio la faccio, la sbaglio, la perdo, e la soffro”; tu sai benissimo, inutile dirlo, che possono arruginire una guisarma sguainata e le lacrime di riso e quelle di mestizia. Noi non siamo in questo nè migliori nè peggiori di te, ma precisamente il punto in cui le due categorie sfumano l’una nell’altra, e ci svegliamo tutti sudati dopo questo orrendo sogno di unità plotiniana.
Ed ecco che da psicologizzati ci siamo fatti psicologizzatori; D&G sarebbero fieri di noi. Ma che importa il metodo? L’empasse sembra superato, tu, voi, noi, siamo arrivati fino a qui, a quest’ultima riga di una presentazione che il layout editor di questa piattaforma di website editing mi ha quasi obbligato a posizionare. Mi hanno affabulato con un sacco di colori, giudice, lo giuro, con palettes realizzate a regola d’arte dai loro “esperti designer”, in un carosello di pastelli e font e vuoti da riempire con i nostri prodotti, i nostri contatti, le nostre risorse umane, i nostri schiavi, le nostre posizioni, i nostri servizi, piroettando attraverso tutta la paccottaglia corporata che immaginano io, diafano adolescente del 21esimo secolo, troverò utile per piazzare sul mercato qualsiasi cosa sia che vendo: armi, parole, codici segreti, sigarette, funko-pop, bambole 3d, valvole, cappi, pacchetti-ricatto a là Mossad? In questo turbinio di lame sfavillanti ho pensato che forse quello che vende di più su Squarespace è una critica a Squarespace. Ovviamente non è così, ma il mio cervello sentiva il bisogno di fare una citazione colta almeno ogni venticinque-trenta parole. Ebbene, questo credo chiarisca ed esaurisca quello che c’è da dire sulla nostra rivista, meno che a che cosa esattamente serva questo sito, visto che noi non vendiamo niente, non proponiamo niente, e a quanto pare ambiamo a non aver niente da dire.
“E il rumore che può fare una corda da una vertebra all'altra non è oro e azzurro liturgico, non eufonico e liturgico, ma fecale, sangue e graveolante”.
Di fatto, questo strano cantiere navale (che io ora vedo tutto giallo canarino con render 3d di cubi e lampade da tavolo che spero di cambiare al più presto) ha a che fare con la maniera con cui distribuiamo Vertebra, il che mi costringe a rimandarvi al nostro manifesto (sezione “Chi Siamo”, subito dopo i risolini carmelobeniani di quel buffone che voleva aggiungerci “non” in mezzo) dove la quaestio è spiegata meglio, dal momento che se non mi ingozza di dire qualcosa, figurati di ripeterla. Sarò breve: Vertebra è distribuita fisicamente, come zine, soltanto in quattro città al momento, che sono i luoghi di residenza della costellazione di somari che compone la nostra redazione: Bari, Venezia, Roma e Lyone. Se ci incontrate lì, armatevi di offerte libere o ricopriteci di uova, che almeno facciamo la colazione. Se non ci incontrate, o se siete troppo pigri anche solo per provarci, siete nel posto giusto, dacchè su questo sito troverete i PDF di tutti i numeri di Vertebra man mano che escono e, ovviamente, gratis. Però ocio fioi: Squarespace ci costa 4$ al mese a capa, quindi se volete farci davvero uscire dal mercato e dalle sue regole incubesche donatecene altrettanti così non andiamo in rosso… E se sembra guilt-trip è perchè lo è, perchè da questo sito potete anche donare tramite PayPal (credo, spero, funzioni). Non preoccupatevi: se proprio avanza qualcosa al massimo lo usiamo per comprarci un gelato, che quello che ci ha dato il barone Masoch fa schifo al cazzo. E ricordandoVi di non mai bere acqua a casa di Jerry Garcia, vertebrati ve salutant.
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Ti sei perso, more?
Non ti preoccupare, non è colpa tua: sono io che faccio cagare a fare i siti web. Questa è ancora la homepage, o meglio, la sua malfamata periferia. Se scorri di nuovo in alto troverai sulla sinistra i link alle altre sezioni, tipo il negozio, i contatti, il nostro manifesto, yada yada.
Però, per comodità, visto che oggi ci sentiamo particolarmente magnanimi, ti lasciamo un bel link tree x accedere anche da qua, da questo sudicio buco sporco in cui sei scivolato da bravo curiosone.